martedì 5 maggio 2015

Le cinque regole per affrontare il problema (e farsi odiare)

Succede che ci si trovi alle prese con un problema, e che la soluzione sia lontana dal venirci in mente.
Come comportarsi in questi casi? In cinque punti vedremo come magari non si risolva la questione, ma ce ne si esca con la minor quantità di danni possibile.

1. Una soluzione per ogni problema
Se non ci fosse un problema a cosa servirebbe la soluzione? Forti di questa considerazione possiamo darci un tono: qualunque cosa diremo basterà farla passare come una visione della soluzione.

2. Il problema è altro
Quando la soluzione è distante e non se ne viene a capo, un modo elegante di aggirare il problema è inventarsene uno nuovo che sia collegabile a quello principale. Ingarbuglia la matassa è vero, ma se sappiamo giocarci bene le nostre carte ci farà apparire come pensatori acuti.

3. Il fattore tempo
Il tempo c'è? Bene! Allora procrastiniamo. Magari a qualcuno verrà un'idea.
Il tempo non c'è? Pazienza! Se tutto andrà bene avremo fatto bella figura dimostrando di saper lavorare bene sotto sforzo (a patto che nessuno ci prenda l'abitudine), se tutto andrà male potremo sempre dire che col tempo che avevamo a disposizione non ci si poteva aspettare di più.

4. Lavoro di squadra
Coinvolgiamo sempre qualcuno. Più siamo, più le colpe si possono suddividere. Alle persone piace sentirsi utili, perché non approfittarne?

5. Io ci avevo pensato
Se qualcuno trova la soluzione prima di noi, non abbandoniamoci alla frustrazione, sarà sufficiente affermare di averci già pensato ma di non aver avanzato la proposta perché non del tutto convinti ma in effetti il collega ha ragione. Bravo. In questo modo si passa per paraculi (cosa che in effetti è...) ma, complimentandosi con il collega, lo si pone nell'impossibilità di farcelo pesare.

Non sempre la strada migliore fra due punti è quella più breve, spesso arrampicarsi sugli specchi può essere un utile esercizio.

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