mercoledì 30 settembre 2015

3/33

Passaparola e la regola del 3/33
 Il passaparola: usare con cautela 
"La migliore pubblicità è il passaparola".
Me lo dicono spesso i clienti potenziali (o i prospect, in markettese), quelli cioè che visito per la prima volta per proporgli una campagna di webmarketing o un sito internet.

Che la trasformazione in Opinion Leader del cliente sia il massimo risultato raggiungibile, oltre e al di sopra la vendita stessa, è un fatto reale e un obiettivo fondamentale per l’impresa.
Non va però dimenticato che un sito internet non è pubblicità ma è comunicazione (di cui la pubblicità fa parte, certo, ma ha ruoli e compiti differenti).

Però è un’arma a doppio taglio, che va usata con cautela ed affiancata da altre forme di comunicazione da tenere sotto controllo continuo per tutelarsi e tutelare la propria reputazione.

Per avere un’idea concreta dei rischi che si corrono ad affidarsi soltanto al passaparola, vale la pena di ricordare la regola del 3/33: ipotizziamo di essere al ristorante e di gustare una tagliata che apprezziamo molto. Statisticamente, dopo questa piacevole esperienza, a tre persone, che ci chiederanno dove abbiamo mangiato bene, proporremo tre locali (per dimostrare che siamo persone di mondo) fra cui quello ove abbiamo apprezzato la tagliata.
Ora torniamo al nostro pasto al ristorante e immaginiamo che secondo noi la tagliata non si fa in quel modo e che non è di nostro gusto: dopo quell'esperienza (per noi negativa) avvertiremo trentatré amici di non andare in quel locale perché lì non sanno cucinare come si deve

Notare due cose: la prima è che il giudizio sul piatto non è oggettivo ma soggettivo (è secondo il nostro gusto che quella tagliata non è buona) e poi che l’azione dissuasiva è attiva e non passiva (siamo noi che sconsigliamo, a tutela dei nostri amici, senza aspettare che ci venga richiesto un parere). 

Ovviamente i numeri non vanno presi con il bilancino, non siamo di fronte ad una certezza matematica, ma questo non ci deve bastare a stare tranquilli. Inoltre l’esplosiva diffusione di internet e di siti che divulgano pareri sui locali (qualche volta purtroppo anche in malafede con opinioni pilotate), amplifica la questione raggiungendo dimensioni gigantesche e in tempi brevi.
La brand reputation ne risente e molto e nessuno oggi, nemmeno i grandi marchi, possono permettersi dei passaparola negativi

Per questi motivi è importante non contare solo sul passaparola per trovare clienti. 
Oggi non basta saper fare bene le cose, ma bisogna anche saper comunicare tali capacità, altrimenti veniamo soppiantati da chi fa meno bene di noi ma “si sa vendere”. 

Le soluzioni sono almeno tre: 
  1. tenere d’occhio la clientela per vedere se ci sono “ritorni”, il cliente realmente perduto è quello che sparisce senza dirci nulla (chi si lamenta ci sta dando una possibilità), poi 
  2. avere un buon sito internet ove chi non ci conosce possa farsi un’idea corretta della nostra attività (a patto di averne saputo gestire bene i contenuti), ed infine 
  3. insultarsi sui motori di ricerca poiché se associamo al nome della nostra ditta delle parole che fanno parte di commenti negativi, e troviamo dei risultati, vuol dire che dobbiamo stare in guardia e intervenire sia sul nostro lavoro per migliorarlo, sia sul forum o portale dove parlano male di noi per difendere (con toni pacati, fermi e concilianti) la nostra reputazione attraverso un controllo periodico quotidiano, o al massimo, settimanale.


Spubblicarsi è facile, recuperare è difficile. 
Il passaparola è una prassi pigra e pericolosa, se non controllata fa danni.

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