martedì 7 giugno 2016

Eccessivo intimo

Sugli slip (i miei) leggo Pinco Pallo Pinco Pallo Pinco Pallo (sì forse ce ne sono di più: non ho proprio un girovita da modello) e penso che quest'uomo (tal Pinco, detto Pallo - il nome è di fantasia per non fare pubblicità gratuita) debba essere un ottimista. E in fondo è un po' vero se i soldi li ha fatti (la qualità non si discute). Però quella scritta ("firma" è un po' troppo) è, a mio avviso, un tantino eccessiva.
Se quella ripetizione ossessiva serve a chi le indossa (a me) credo che sia inutile, se le porto (comprate o ricevute in regalo) so che sono fatte dalle sue fabbriche a meno che lui non creda che io sia "di memoria debole". Se serve ad esser letta da chi condivide la mia intimità è ottimista, perché si presume che io abbia di queste occasioni (cosa che purtroppo non è) e poi, diciamocelo, in quei momenti durano poco addosso, almeno per gli uomini (per le donne magari...). Se poi serve a richiamare l'attenzione sul suo marchio è del tutto superfluo: non vado certo a comprare un profumo solo perché porto le mutande firmate col nome di chi produce le une e l'altro.
Qual è allora il significato di quella ripetizione continua? Probabilmente, a seguito della moda dilagante dei pantaloni abbassati, quello che resta in evidenza anche da lontano è la griffe degli slip.
Insomma, un oggetto intimo non è più tale perché l'intimità è quella virtù che si perde nel momento in cui si manifesta.
Dunque divento da consumatore a "veicolo" del marchio (brand, per essere raffinati), perdo il mio status di "terminale", di "obiettivo" per assumere quello di "strumento", di "testimonial". Non più io, ma ciò che indosso.
Tengo su i pantaloni. E ben allacciati.

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