martedì 3 maggio 2016

I primi venditori

Chi sono i primi venditori di un’azienda? Chi trasmette fiducia in ciò che essa produce? Chi esporta gli umori aziendali fuori dalle mura dell’atelier, del negozio, del laboratorio? I dipendenti

Commesse, segretarie, operai, meccanici, tecnici, impiegati, collaboratori: tutti coloro che varcano ogni giorno la soglia dell’impresa (piccola o grande che sia) e ogni sera tornano a casa con qualcosa in più o in meno: il piacere di lavorare. 
In tempi di crisi è difficile essere sempre positivi: spese, tasse, mercati in recessione, difficoltà nei pagamenti sono altrettanti motivi per portare nella propria ditta un muso lungo così. Ma quello che inneschiamo, senza rendercene conto, con un simile comportamento è il radicamento della negatività, di una visione delle cose amara, di un orizzonte breve. 

Nella sua biografia di Steve Jobs, Jay Elliot ricorda un concetto importantissimo: "Non dobbiamo mai dimenticare che il comportamento dei dipendenti che stanno a contatto con il pubblico influenza molto l'idea che i clienti si fanno della nostra azienda." 
C’è poco da fare, se nell’azienda portiamo malumore questo si rifletterà nel clima che aleggia negli uffici, ogni dipendente, dal più vicino al più lontano, porterà con sé parte di questo malumore e lo spargerà con i clienti, i fornitori, in famiglia, con gli amici, con le persone care che a loro volta si faranno l’idea che lavorare in quell’impresa, per quell’artigiano, in quella bottega, in quel negozio dev’essere davvero triste e un’azienda così non lavora bene.

Possiamo davvero credere che queste persone compreranno, consiglieranno, frequenteranno quella ditta? Possiamo davvero credere che varcare la soglia di un luogo di lavoro ove regna silenzio, austerità, tristezza invogli a continuare a lavorarci? Certo, in tempi difficili, pur di portare a casa uno stipendio è difficile che qualcuno si dimetta, ma lavorare con entusiasmo è un’altra cosa

Portare in azienda un buon clima significa anzitutto voler bene a sé stessi, condurre una ditta in cui i dipendenti, seppur consci dei momenti difficili, credono in quello che fanno, in cui una radio (a volume accettabile) suona musica che alleggerisce gli immancabili momenti pesanti, in cui il titolare non è temuto ma stimato e rispettato, significa aiutare a dare speranza, significa spargere intorno al proprio disegno imprenditoriale positività che prima o poi ritorna.

Esasperare chi collabora con noi, rendergli la vita amara, è solo un gesto stupido che, prima o poi, conduce al declino oppure riduce le possibilità di successo facendo in modo che l’azienda si accontenti di piccoli risultati quando potrebbe ottenerne di ottimi. 
Il dipendente è anzitutto una persona e, come tale, va rispettata, se sapientemente motivata può contribuire alle fortune dell’impresa. Se, al contrario, è umiliato e frustrato, darà il minimo per mantenere il posto ma non di più e questo, fuori dall’impresa, si vede e parecchio. 

Il coraggio dell’ottimismo è il vero segreto di un’impresa di successo.

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